ROMINA GUIDELLI – Contemporary Homo Sapiens

Nell’epoca delle permissioni e dei divieti, degli eccessi e degli azzeramenti di ogni culto, della confusione come musica di sottofondo, nell’era reale e del virtuale l’artista è diviso tra individualismo e socialità, vero e plausibile. Il campo visivo è invaso da oggetti/soggetti registrati nella memoria e da piccole scoperte quotidiane, archeologia e contemporaneità condividono lo stesso spazio e lo stesso tempo d’azione: il nostro.

Tra verità e magica apparenza, Mauro Molle registra e interpreta moderni simboli come vecchie citazioni, miti ‘senza tempo’ e ‘ senza sangue’, emblemi trasfigurati in prodotti di consumo con vita breve: eroi nati e morti, prodotti presentati come totem (telefoni, computer, libri chiusi, t-shirt brandizzate…) metabolizzati ma mai digeriti, sembrano balenare alla sua mente come spot pubblicitari astratti dal quotidiano. Sulla tela s’accendono flash multicolor di visioni/ossessioni, testimoni e tracce del presente e dell’evoluta specie che ad esso appartiene.

Seppur coinvolto, come un moderno vate l’artista guarda ogni accadimento dalla finestra del suo studio; con lo spirito del voyeur s’introduce negli uffici, tra il lavoro e nelle case degli uomini contemporanei. Il distacco imposto dalla ricerca gli consente di dipingere con onestà intellettuale tutto quello che vede: forza e debolezza, vizio e virtù, metamorfosi e travestimenti del homo sapiens famelicus Post XX Secolo.

Davanti ai quadri di Mauro Molle, dopo l’iniziale entusiasmo provocato dai brillanti cromatismi, la lettura è immediata, ma è necessario attraversare la liscia pelle della pittura per scoprire il significato delle piccole storie che l’artista dipinge con perizia di particolari. Su ogni tela le pennellate assolutamente piatte svaniscono dalla superficie come assorbite dai soggetti/oggetti ritratti, astratti dal vero, dal mondo della pubblicità, dell’usualità, del costume; figli scintillanti e transitori desideri generati dalle menti e dagli strumenti della modernità.

Corpi geneticamente irrisolti sfilano sulle tele e appaiono istintivamente familiari, vicini. Gli uomini con teste d’animali dipinti dall’artista sono il riflesso di uno specchio posizionato nella stanza della nostra più intima natura. L’io e l’ego s’interrogano sulla visione, sopra ogni tela c’è un alter ego da scegliere, possiamo decidere o attendere che ci riconosca ‘lui’; comunque ci libereremo dalla maschere della buona apparenza perché, sia dentro che fuori rispetto al quadro, siamo ineluttabilmente e innegabilmente partecipi del processo di ri/e/voluzione della specie.

Piccole, brevi storie del XXI Secolo. Frammenti. Ricordi. Fossili. Sogni nel cassetto e scheletri nell’armadio.

Dall’iniziale impressione d’assistere a un gioioso e ludico circo di funamboli, animali e oggetti, lo sguardo s’assesta e l’occhio s’abitua al colore psichedelico, a tratti improvvisamente nero, ma ben arginato in una geometria o contenuto in un simbolo, delimitato in uno spazio preposto che spicca sullo sfondo bianco della tela. Un bianco capace di evocare il senso della totale assenza di gravità, bianco in cui lasciar galleggiare tempo e creatività, oggetti consumati e consumati desideri liberi di rotolare nel ‘buco del nero’ o polverizzarsi in luce per produrre nuova energia. Al colore è affidato ogni arbitrio, esso interrompe questo tempo sospeso, lunare, per inchiodarci al più vivo presente e invitarci a compiere l’azione fondamentale, quella per cui siamo chiamati ad assistere: immaginare oltre senza perdere memoria, avere consapevolezza del tempo e dello spazio per re/agire.

Frontali e definite, in ogni tela si mostrano solide figure dipinte in primo piano, ben descritte. Nulla è lasciato al caso nonostante protagonisti, antagonisti e comparse compaiano simultaneamente in opera unica, una gerarchia di dimensioni e posizioni stabilisce ruoli senza margine d’errore. Tutto sembra essere la proiezione delle fantasie e delle conoscenze del solo e unico protagonista della tela: il soggetto più grande. Le immagini che lo circondano sono ‘roba sua’, anche gli abiti sono solo i suoi, solo per lui, solo per preservare il suo ego. Le presenze, che intersecano o s’accostano a questa figura principale, sono nude, prive d’apparenza. Sono parti, frazioni di corpi, appendici e frammenti d’istinto di purissima natura umana che dipendono da lui nella stessa misura in cui su di esso influiscono nell’aspetto, reso palese dalla pittura, e nelle scelte, raccontate dalla storia dipinta.

L’equilibrio compositivo suggerisce l’ordine di lettura del quadro, nessuna tela prevede sovrapposizioni di soggetti né di oggetti. I protagonisti di Molle sono ibridi, mezzi uomini, mezzi animali, identità solo apparentemente aggressive, molto disciplinate: educate dal pennello. L’opera compiuta ed esposta è la pubblica dichiarazione dell’armistizio raggiunto, un patto tra creatura e creatore; tra l’essere umano, il suo tempo e il progresso che incombe.

Un orizzonte di stencil velato ma rumoroso, una eco di lettere, numeri, vortici decorativi, ci posiziona esattamente nel tempo attuale.

Di tutto il cielo possibile, non c’è traccia.

La definitezza formale e cromatica dei soggetti assicura la perfetta sovrapponibilità con il vero almeno quanto con il virtuale.

Siamo chiusi nelle stanze della modernità e siamo i protagonisti di questa storia.

Siamo l’ultima specie: contemporary homo sapiens.

Quell’aspetto classico dei corpi dei soggetti eseguiti da Molle, che implica rimandi alla tradizione pittorica figurativa della cultura occidentale, è purissima strategia. È la mimesis che ci pone nella condizione di osservare con attenzione la contaminazione e l’innesto che ci verrà svelato ‘entrando’ nell’opera e che consentirà l’accesso trionfale nel più vivido e livido palcoscenico della realtà.

Ogni corpo dipinto proviene da altre tele dell’artista. Le LITTLE STORIES sono piccole storie vissute dai soggetti della sue Decostruzioni (Serie 2011/2017). L’importante Serie delle Decostruzioni di Mauro Molle, infatti, ritrae giovani e vigorosi Prometeo ‘senza testa’. Corpi ‘spezzati’, interrotti, che si estendono e si manifestano di tela in tela in cerca di battesimo e d’azione:

ogni dipinto contraddistingue frazioni tratte da corpi di soggetti diversi con sembianze anatomiche che denotano l’aspetto: uomo o donna, gracile o robusto. Una massa di colore brillante, evidente e circoscritta al termine di ogni esatto frammento/tela, rappresenta la salda lega di un discorso che prosegue: cuce gli arti unificando le opere in un unico corpo… Una vertigine informale, tradotta da un graffio al culmine di ogni tela, non induce Molle alla rinuncia di un predominante figurativo ma contagia gli arti dipinti obbligandoli a movimenti sincopati e li blocca al culmine di un’azione…

Ogni antropomorfa figura spostata dalle grandi tele della serie Decostruzioni è ora ridotta e accorpata nella Serie LITTLE STORIES per concedersi come immagine unica e parte di un discorso che da personale diventa collettivo. Pur mantenendo umane anatomie e fattezze, l’uomo di Molle sembra aver abbandonato quella volontà d’azione fisica, evocata nelle grandi tele delle Decostruzioni, in favore di una comodità ‘meccanica’: il contemporary homo sapiens è comodamente seduto ad osservare il mondo dal suo altrettanto comodo smartphone. Questa condizione di quiete apparente lascia accomodare anche noi: siamo difronte a uno schermo telato in cui liquidi cristalli d’olio creano nuove visioni. Una comfort zone che si estende fino al momento-mostra e lascia cadere la maschera; ogni tela ci interroga sulla reale volontà o sulla effettiva distrazione che di fatto comporta questo accadimento. È come assistere al culmine di un’allucinazione tra vero e verosimile, stocastico ed empirico. Siamo tra i simili, siamo nella Storia e nel Presente. Siamo moderni Prometeo metà uomo e metà animale; l’ambizione alla beatitudine è andata persa o è bruciata per scommessa.

Esteticamente perturbante, incredibilmente attuale, l’iconografia del contemporary homo spiens è firmata Molle.